ultimo aggiornamento: 11 Settembre 2009 alle ore 16 e 16

Progetto di ricerca Histoire d'O, il caso Obama.net

  • Scheda tematica di Michele Mezza
    La vittoria del senatore meticcio dell'Illinois emana ancora incredulità ed entusiasmo. Soprattutto in una fase segnata dall'incertezza e dall'insicurezza non compensate dal calore di nessuna leadership credibile....continua a leggere
  • Contributi

    1. Contributo di GianLuca Baccanico
      Vorrei lanciare qualche spunto di riflessione sull'elezione di Barack Obama, sperando possa essere d'aiuto al bel lavoro che il gruppo sta organizzando....continua a leggere
    2. Contributo di Peter Kruger
      Il tema della ricerca è ovviamente estremamente interessante....continua a leggere
    3. Contributo di Michele Mezza
      Mi sorprende constatare quanto tempo perda un gran numero di funzionari eletti -anche quelli in gamba- a parlare dei meccanismi della politica tralasciando la sostanza. Hanno quell'atteggiamento impassibile, da giocatori di poker, la preoccupazione costante di tenersi stretto il proprio seggio o di avanzare di carriera, e tutti i loro discorsi si riducono a questioni di affari o di giochi politici come in una specie di corsa di cavalli. Anche quelli che sono sulla mia stessa lunghezza d'onda sembrano non avere alcuna intenzione di andare oltre. La politica è considerata poco più di una questione di carriera. Barack Obama: Dichiarazione rilasciata al Chicago Reader del dicembre 1995...continua a leggere
    4. Contributo di Paola Sedda
      Analizzando il discorso che Obama fece alla convention democratica nell'estate del 2004 abbiamo potuto riscontrare che ...continua a leggere

Proposta sull'organizzazione del lavoro

La ricerca dei 5 gruppi di lavoro

  1. Il blog del Gruppo 1
  2. IL blog del Gruppo 2
  3. Il blog del Gruppo 3
  4. Il blog del Gruppo 4
  5. Il blog del Gruppo 5

Notizie fresche dal gruppo mediasenzamediatori

Libri consigliati per approfondire

  • Obama. Storia dell'uomo che fa sognare l'america, di David Mendell, Cairo editore
    Si tratta dell'ennesima biografia del presidente. Abbastanza persuasiva sia nella struttura, costruita infatti sui grandi capitoli logici del progetto Obama, che nell'approccio, molto insider nell'entourage dell'ex senatore dell'Illinois. Mendell è infatti un giornalista del Chicago Tribune, il quotidiano più importante della città dove operava Obama, ed ha seguito fin dall'inizio le mosse del futuro presidente.
  • Barack Obama, come e perché l'america ha scelto un nero alla Casa Bianca, di Luciano Clerico, Edizioni Dedalo
    E' un testo veloce, un vero instantboock, scritto dal corrispondente a Washington dell'Ansa. Una vera guida che propone un supporto di notizie ed aneddottiti molto pratico e funzionale a chi si sta avvicinando al tema.
  • Mobile communication e trasformazione sociale, di Manuel Castells, Guerrini editore
    Castells è oggi l'analista della rete più significativo come lucidità e capacità di analisi. Nel breve saggio l'autore legge i processi sociali innestati dal diffondersi della comunicazione mobile, e indirettamente da anche una risposta alla domanda come è stato eletto Obama. Il testo è un indispensabile supporto per la ricerca che stiamo conducendo, oltre che un contributo straordinario per l'intero corso di formazione in comunicazione multimediale.
  • The Craftsman,l'Uomo artigiano, Richard Sennett, Feltrinelli editore
    Apparentemente il libro ci porta in un contesto concettuale affascinante ma distante dal nostroi lavoro. Il filosofo e sociologo Sennet sviluppa una documentata e argomentatissima lettura dei meccanismi economici e industriali contemporanei, giungendo alla conclusione, che ben sostiene con il suo ragionamento, che si debba ora tornare ad una forma di produzione della ricchezza più basata sulle capacità, le competenze dice lui, della fabbricazione e modellizzazione degli oggetti e delle tecniche, piuttosto che sulla mediazione astratta dei servizi. In sostanza meno skills, ossia quelle abilità individuali che portano, spiega Sennet, alla feroce competizione individuale, e più capacità di produrre direttamente e materialmente gli oggetti, il cosiddetto artigianato moderno, che induce alla cooperazione comunitaria. In realtà il libro ci porta a riflettere sulla cosiddetta lunga coda della produzione, ossia quel fenomeno per cui le nuove forme digitali ci consentono di richiedere, e dunque di vedere realizzati, oggetti e servizi fortemente personalizzati. Questa è la forma di artigianato diretto, ossia quell'attività di modellizzazione del software o hardware che permette ad un individuo o ad un gruippo di poter realizzare oggetti, pensiamo alla realtà virtuale, o servizi, pensiamo alla comunicazione, diretti a sodisfare il bisogno di un particolare soggetto committente. Il libro apre un orizzonte interessante, tanto più se collocato nel contesto economico che viviamo ora, dove la soddisfazione del produttore sta proprio nella capacità di dedicare l'oggetto, e di realizzare un'opera prima ed unica. E' un ragionamento che ritroveremo prossimamente nella nostra ricerca sulla nuova società a rete.
  • La promessa americana. Discorsi per la presidenza di Barack Obama, Donzelli Editore
    Infine uno splendido libro che ci fa conoscere la forza oratoria e la capacità comunicativa di Obama utilizzando direttamente i suoi principali discorsi. Interessante e vivace la prefazione di Empedocle Maffia

La scheda tematica del progetto Histoire d'O



Histoire d'O: Il caso Obama.net come primo esempio di una leadership globale partecipativa

di Michele Mezza

La vittoria del senatore meticcio dell'Illinois emana ancora incredulità ed entusiasmo. Soprattutto in una fase segnata dall'incertezza e dall'insicurezza non compensate dal calore di nessuna leadership credibile.

Get Firefox! La densità e la ricchezza della figura di Obama, confrontata all'iniziale inadeguatezza del suo peso politico ed elettorale al momento dell'affacciarsi della sua candidatura, pone al mondo della politica e della comunicazione internazionale il tema dell'Homo Novus che si afferma.

Noi crediamo, lo diciamo come ipotesi di studio, meglio ancora di verifica e documentazione, che Obama possa realmente rappresentare una discontinuità rispetto ai modelli di selezione del personale politico che, almeno in occidente, si sono affermati in questo ultimo secolo.

Per questo intendiamo lavorare,con gli strumenti della ricerca sociologica e dell'analisi in rete, per meglio mettere a fuoco la genesi di questo fenomeno.

Infatti non è la della rete la sua discriminante, la sua peculiarità.

Attorno ad esso cercheremo di sviluppare un'indagine, un'inchiesta si sarebbe detto tempo fa, per sondare i meccanismi, le idee, le relazioni ed i modelli organizzativi che nell'arco di tempo nel quale la candidatura è stata incubata, hanno permesso il realizzarsi di un prodigio politico quale è stata l'elezione alla Casa Bianca di Barack Obama.

Vogliamo dunque capire, e quello che seguirà non deve essere inteso come un piccolo saggio enunciativo, quanto come una provocazione intellettuale finalizzata a mettere in moto un network di reazioni e contributi , che definiscano la griglia dei quesiti attorno alla quale sviluppare la nostra indagine.

Per rendere la ricerca più efficace e diretta, lanciamo dunque una prima ipotesi valutativa del fenomeno, articolando i quesiti ed i nodi che dovranno essere verificati e documentati.

Un leader per tutti

La forza del richiamo esercitato da Obama sulla platea internazionale ci offre il punto di partenza del nostro ragionamento. Come dicevamo all'inizio, Obama sembra colmare un gap di leadership che caratterizza quasi tutte le società più avanazate. Questo è il primo punto che vogliamo segnalare: il deficit di carisma nel mondo.

Meglio ancora: una incertezza di riconoscimenti e legittimità dei vertici politici nelle aree più sviluppate.

Sembra quasi delinearsi una sorta di nesso di proporzione fra il tasso di modernità e la vaghezza della guida politica.

Nei paesi più avanzati, potremmo dire, c'è un eccesso di elites, ma mancano leaders. L'affacciarsi sulla scena di un personaggio di grande suggestione, dalla biografia irreprensibile e autoaffabulante, indubitabilmente coagula l'ansia di appartenenza che serpeggia nel mondo.

Obama si propone come il primo leader globale moderno.

Lo fà, consapevolmente o meno lo vedremo, occupando uno spazio crescente che si sta generando sullo scacchiere mondiale, particolarmente nelle aree dove l'innovazione tecnosociale disintermedia la politica, distaccando i ceti evoluti, in maniera radicale i giovani, dalle forme di appartenenza e di rappresentanza delle organizzazioni politiche tradizionali.

Questo processo, per una relazione di causa o di effetto è oggetto della ricerca, produce un indebolimento delle figure carismatiche, o comunque , di comando. Obama sembra invertire la tendenza e pare che la sua figura si trovi di fatto a rispondere ad una domanda globale di rappresentanza e, perché no, di speranza. In termine di marketing, diciamolo, il prodotto Obama sul mercato politico coglie l'onda montante di una domanda specifica.

Questo primo punto della nostra ricerca potremmo sintetizzarlo così: Obama leader moderno per stile, contenuti o simbolismo?

Quali sono i percorsi che canalizzano sulla figura del neopresidente il bisogno di rappresentanza che emerge dalle società turbocapitalistiche? Sicuramente, e questa è la prima tesi che vogliamo usare come provocazione, Obama intercetta questo fenomeno perché rompe il modello di rappresentanza sociale della politica occidentale, dove si fronteggiano conservatori, prevalentemente appoggiati dai ricchi e votati dai poveri, e riformatori, appoggiati dalla classe media intellettuale e solitamente privi di un popolo esteso.

Obama esplode e si piazza al centro della scena politica americana perché sceglie una nuova base sociale da rappresentare -l'individualismo digitale potremmo definirlo in questa fase ancora di pure teorizzazioni induttive- agendo trasversalmente sullo scenario sociale americano.

Ma Obama, e questa è la seconda considerazione che completa la prima tesi da verificare, riesce ad interpretare questo inedito ruolo di leader solitario del pianeta, anche, ed è questo lo stimolo che ci porta a proporre un lavoro specialistico nel campo della comunicazione, perché adotta ed elabora, questo in maniera sicuramente consapevole, un modello di comunicazione transnazionale, in grado di parlare, simultaneamente ad una platea planetaria.

Riesce così non solo ad attrarre l'attenzione di un vastissimo pubblico che travalica i confini degli Usa, ma anche a coinvolgere,a sollecitare, a compromettere nell'adesione, un popolo esteso e multinazionale che attraverso il consenso ad Obama scopre di avere interessi e culture simili. Obama è oggi il primo leader globale perché si identifica con il primo media globale: il social network.

Si tratta di un media che scavalca frontiere, barriere linguistiche, separatezze sociali, contrapposizioni religiose. Obama diventa il primo utente e il primo contenuto di un'unica rete di comunicazione che contemporaneamente congiunge quasi due miliardi di individui che la usano per lavorare e viverci.

Internet come media globale, il social network come forma totale.

Siamo ad una torsione del quadro della teoria massmediologia, muta la caratteristica del mercato della comunicazione, dove la TV non riesce più a celebrare con le elezioni presidenziali americani il suo trionfo. La televisione che rimane media di quantità sembra aggiungersi, completare, rifinire un piano di comunicazione che si identifica con la stessa organizzazione politica della campagna di Obama: la rete determina il messaggio, lo formatta e lo distribuisce, poi la Tv ne ratifica la scia e consolida il senso comune. E' questo oggi l'indotto del media globale?

Ma non stiamo oggi discutendo di una abile strategia comunicativa, ma di una sorprendente e imprevedibile progetto politico, dove il soggetto è la rete e l'oggetto è il candidato.

Nella società della rete conta chi ascolta non chi parla

Non è stato il semplice, per quanto massiccio e abile, uso della rete, l'arma segreta di Obama, la sua discriminante, la sua peculiarità.

Già Bill Clinton, nel '94, mise on line i servizi della Casa Bianca; e nelle due precedenti elezioni presidenziali americani, la rete aveva fatto irruzione nel dibattito politico portando Al Gore a sfiorare la vittoria e il senatore Eduards a rimontare un gap che pareva mortale per la sua figura di contendente a lle primarie contro Kerry.

Obama è andato oltre l'uso della rete come scorciatoia: ha adottato il web 2.0 come base sociale, investendolo della missione di dare forma e contenuto ad un progetto politico diretto a tutto il mondo.

Questa è la nostra seconda tesi, il focus politico che ci appare come trainante per l'intero processo che ha sancito la vittoria del candidato.

Obama non insegue il partito a rete, ma si costituisce in un inedito partito della rete, rendendo l'ascolto del brusio di Internet una delle prioritarie funzioni del leader.

E attorno a questa tesi vogliamo organizzare la nostra ricerca, scontando il rischio di sbattere su una delusione, o una palese contraddizione della stessa ipotesi portante. Del resto, nella rete si sta alle regole della rete, senza garanzie e rendite di posizione.

Per questo, nell'ambito della cattedra di Teoria e Tecnica dei nuovi media dell'Università di Perugia tenteremo di organizzare una ricerca a molte mani, un lavoro che adotti lo stesso metodo e lo stesso linguaggio che vuole studiare: il social network partecipativo.

Puntiamo, e qui siamo ad un desiderio che perseguiremo per quanto ne saremo capaci, a sollecitare una partecipazione di quanti, a vario titolo, con vari obiettivi, e vari strumenti, vogliano corrispondere con il nostro gruppo per mettere a fuoco questo fattore O, per raccontare questa Histoire d'O.

Naturalmente, proprio perché ci pare di avere ben compreso l'insegnamento del fenomeno Obama, sappiamo che il coinvolgimento di soggetti nella rete, la costruzione di un social network tematico, è possibile solo disponendosi ad accettare di mettere in discussione tutto, a cominciare dalle tesi di partenza e dal metodo di lavoro.

Ci proponiamo dunque di aprire una prima discussione proprio sulla tesi di partenza che qui cercheremo di illustrare nel modo più chiaro e sintetico, insieme al metodo di lavoro che abbiamo identificato, ma non sposato.

Il punto di partenza, lo abbiamo dichiarato in apertura, riguarda l'identificazione del fenomeno Obama come primo esempio di una leadership mondiale a carattere partecipativo.

Il livello di coinvolgimento e di attenzione che l'affermarsi della candidatura e poi la vittoria elettorale del nuovo presidente degli Stati Uniti, hanno provocato va al di là dello stupore e della simpatia che il personaggio Obama induce.

Vorremmo allora capire quali percorsi ha seguito l'attenzione che si è concentrata sul quasi sconosciuto senatore mulatto.

Vorremmo anche indagare la natura di quel consenso che lo ha circondato, che in alcune aree sociali ha raggiunto livelli plebiscitari: il voto di Washington –il 95%- ha precedenti solo in consultazioni in Corea del Nord o in repubbliche centro asiatiche ex sovietiche. Un consenso che gli è venuto, in particolare, dalle aree più critiche, ma soprattutto più svincolate da comportamenti collettivi, quali appunto il popolo della rete.

La geografia del voto del 4 novembre è assolutamente complessa, e credo ci vorrà ancora molto tempo per decifrarne realmente gli elementi costitutivi.

Certo è che alcuni fattori caratterizzanti appaiono di una certa evidenza: il radicamento nelle aree metropolitane, lo sfondamento nelle regioni terziarie e postfordiste, il consolidamento del consenso giovanile, l'apporto delle più diverse componenti etniche e culturali, l'attenzione di una parte non marginale della moral majority, il ritorno del voto del lavoro dipendente, la forte presenza della componente femminile.

L'insieme del mosaico sembra descrivere quella cosiddetta America verticale, magistralmente raccontata e documentata nel lucidissimo libro -La destra Giusta- scritto dai due giornalisti dell'Economist –John Micklethwait e Adrian Wooldridge- che nel 2004 dispiegarono la vittoria di Bush e l'affermazione dei neocons con la supremazia dell'America orizzontale su quella verticale.

In quegli anni, spiegavano i due giornalisti, l'America della provincia della cosiddetta Corn Belt, degli insediamenti disseminati lungo le grandi direttrici che da est vanno ad ovest, si era contrapposta alla tradizionale America delle grandi città con gli appuntiti grattacieli, delle gloriose ed esclusive università, delle regioni elitarie e pretenziose. Se quello fu lo scenario, oggi il punto è chiedersi come mai quella america verticale, dopo 4 anni si sia trovata vincente?

E' stata quella america liberal che, dopo l'annietamente subito ad opera del reganismo, e due volte suonata persino dal pallido W Bush, ha ritrovato forza e si è ripresa la rivincita, grazie alle energie accumulato durante il doppio mandato di Clinton? O piuttosto dovremo constatare che a vincere è stata una nuova, e originale, america di cui l'anima liberal e democratica è parte ma non il tutto, e forse nemmeno la dominanza?

Più sinteticamente: Obama è un Clinton abbronzato, per usare un termine entrato ormai nel linguaggio delle cancellerie internazionali? O invece è un personaggio diverso e anche contraddittorio con il clichè di presidente democratico?

Internet come lingua

L'elemento che fa la differenza, siamo al secondo grappolo di argomenti e considerazioni che vogliamo esporre alla verifica motivata, è la rete, come contenitore e come contenuto della nuova proposta politica.

Qual è stata la natura del rapporto fra Obama e il mondo di Internet?

Quali modelli e comportamenti hanno portato 28 milioni di giovani professionisti della comunicazione online a riconoscere la sua candidatura come un valore condiviso ed a buttarsi nell'agone elettorale?

Qui si tratta di andare al di là della banale apparenza.

Certo Obama ha costruito un Dream Team della comunicazione, con i principali guru della rete: dal CE0 di Google Schmitd, all'architetto di Facebook Chris Huges. Certo che il suo sito mybarackobama.com , progettato dal fondatore di Netscape Marc Andreesen, è sicuramente il più avanzato esempio di comunità politica on line. Certo che la sua potenza di raccolta di contributi finanziari in open sourse ha sbaragliato gli avversari. Certo che alla fine della campagna elettorale si sono contati ben 500 milioni di citazione in blogs e forum del neo presidente.

Ma tutto questo è avvenuto, per certi versi, dopo, quando la valanga era già in movimento.

Ora noi vogliamo, per usare una metafora tipica della rete, indagare non l'ultimo, ma il primo miglio della sua marcia.

Vogliamo risalire ad almeno 4 anni fa, quando terminato il suo ispirato intervento alla convention democratica del 2004, che incoronava John Kerry candidato democratico a sfidare Bush, si mise all'opera per costruire la sua candidatura.

In quel momento si aprì uno straordinario cantiere politico e culturale. Non tutto era chiaro fin dal principio.

Non tutti i temi che oggi riecheggiano nelle sue promesse politiche erano allora presenti nella sua testa. Soprattutto il senatore allora era solo.

Con un manipolo di fedelissimi, e l'incrollabile fiducia della moglie Michelle.

Vorremmo capire come iniziò la grande marcia. Cosa si profilava all'orizzonte dell'allora brillante ma eccentrico senatore dell'Illinois?

Cosa gli permetteva di lanciare la sua sfida, di scommettere tutto su se stesso? Quale era il suo asso nella manica?

Come un debuttante, estraneo all'innercircle della politica di vertice americana, possa essere sopravvissuto alla selezione naturale, ed essersi irrobustito e attrezzato fino a poter sfidare il cielo.

Io ti voto tu mi ascolti … e mi consideri

Vorremmo, in particolare, riuscire a documentare, e questo è il terzo punto della nostra scaletta propositiva, capire quanto, e come, il mondo della rete ha interferito nella progettualità del candidato presidente. Vorremmo cioè misurare il livello di impatto che la galassia delle comunità che ha preso forma attorno al sito mybarackobama.com ha avuto sull'impianto programmatico del vincitore.

Si tratta per questo di analizzare i data-base dei siti dove sono depositati i dibattiti e le discussioni di questi anni. Si tratta di rieditare i primi documenti, le prime dichiarazioni del team di Obama e confrontarle con quelle attuali.

Si tratta di ricostruire il lungo viaggio all'interno della rete, rintracciando gli snodi del dibattito e dell'elaborazione politica.

Individuando i momenti di reciproche consessioni fra il candidato ed i suoi supporters digitali.

Nell'eventuale spread che rintracceremo (io penso che lo troveremo ma potrebbe anche essere l'inverso e dovremo allora dare forma ad una diversa forma concettuale) è annidato il segreto del successo del Presidente: proporre un patto inedito alla rete, dove l'attenzione e il consenso si scambiano con la partecipazione e l'accesso alle decisioni.

In questo passaggio sta la novità del caso Obama: non un nuovo mago della comunicazione, un Reagan o un Berlusconi online, quanto il primo vero leader politico che assume la rete come lingua e, non solo linguaggio strumentale, come contenuto e non come furbesco megafono.

Giustamente nel suo lucido libro su Obama: La politica nell'era di FaceBook , Giuliano da Empoli spiega come il senatore di Chicago rispetto agli altri candidati alle presidenziali mostri la stessa differenza che la Apple ha rispetto alla General Motors, paragone quanto mai esplicito in questi tempi grami per la multinazionale dell'auto.

Dunque Obama non è solo un virtuoso della rete, ma è il primo che ne assume la rappresentanza politica, legando al successo di questo mondo la possibilità per gli Usa di salvaguardare il primato anche nel XXI secolo.

Con il coordinamento del professor Rocco Pellegrini spingeremo il nostro gruppo di ricercatori a seguire la tracciabilità delle elaborazione del gruppo Obama, censendo i siti e le comunità che ne hanno via via ospitato il tam tam lanciato sulla rete.

Dovremo per questo allestire un sistema di analisi e ricerche specifico, che si concentri sui focus group, sui blogs che in questi anni hanno accompagnato l'emergere e l'affermazione del brand politico Barack Obama.

Pensiamo ad un lavoro di scavo, che dia conto e dimostri come la reter sia anche memoria permenente.

All'origine di questo tam tam partecipativo, a mio parere, troveremo, e non potrà che essere così ancora per molto tempo nella politica americana, lo spartiacque dell'11 settembre 2001.

Il netwotking come categoria del sapere e…. militare

A differenza dell'amministrazione Bush e dei neocons, ma anche di buona parte del partito democratico, e questo è il quarto punto del ragionamento che vi proponiamo, Obama non considera utile, e neanche centrale, la categoria della sicurezza nazionale come baluardo della risposta al terrorismo.

Il ragionamento del nuovo presidente cerca invece di misurarsi con due fattori: da una parte l'inadeguatezza, anche militare, che hanno mostrato gli Usa di fronte all'attacco terrorista, dall'altro ll'incapacità dell'intelligenze americana di tallonare e seguire il dipanarsi del domino di Al Qaida.

In sostanza Obama cerca le ragioni di una subalternità culturale della superpotenza americana rispetto all'offensiva del fronte islamico.

Una subalternità che si misura in Iraq ed in Afganistan, ma anche nella reazione al terrorismo domestico.

Il nocciolo di questo ragionamento affiora, mi pare, nel luglio del 2006, quando rimbalza sui media americani la riflessione sui nuovi equilibri in medio oriente. In particolare il 26 luglio, il New York Times pubblica un'approfondita analysis sull'ultimo conflitto in Libano, e si interroga sul perché quella contro gli Hezbollah rischia di essere la prima guerra che Israele non riesce a vincere.

Il dibattito si allarga a tutti i principali Think Tank di entrambi gli schieramenti politici. Al centro della contesa la constatazione che quella in corso in Libano è il primo conflitto che vede contrapporsi ad uno stato-nazione un network, ossia un sistema flessibile, liquido direbbe Bauman, basato non sulla difesa di un territorio ma sull'accumulo di tecnologie e saperi da parte di una struttura a rete, dove non è identificabile una testa, il centro, da annientare.

Come spiega John Arguilla, uno dei più accreditati analisti della Naval Post Graduate School, nonché consulente del Pentagono, ed oggi uno dei consiglieri del neo presidente, "Hezbollah accede a saperi e competenze tramite la rete.Così la potenza militare viene disintermediata dagli stati nazionali". Il networking diventa così una categoria geo politica, anzi diventa una potenza, tanto che lo stesso Arguilla conclude: "oggi il networking è una minaccia per il potere americano".

E' questo uno snodo strategico che spinge il team di Obama ad approfondire il tema. P.W.Singer del Brooking Istituto, il piccolo ma prestigioso centro di ricerca che da subito si è affiancato alla squadra di Obama, sintetizza così lo scenario che si presenta all'aspirante presidente: Siamo in una situazione dove gruppi privati possono disporre di grandi saperi e poteri tecnologici prima riservati agli stati. Ed oggi non abbiamo risposte adeguate per questo nuovo conflitto.

Probabilmente questa è stata la considerazione che ha spinto Obama ad immergersi completamente nella rete.

Non solo per poter accumulare nuovi saperi e competenze, ma anche per assumere moduli e culture che lo mettano in sintonia con l'opinione pubblica globale. Per battere un networking, sostiene Singer, ci vuole un altro networking. E Obama si fa networking.

Anzi di più: per battere un networking bisogna interpretare al meglio la nuova geometria del cloud computing, del nuovo modello a rete che distribuisce spazi e ruoli per accumulare più potenza di calcolo , senza irrigidire statuti proprietari delle risorse.

Obama si candida a diventare il presidente del cloud computing, per cui, come dice Manuel Castells, il potere delle tecnologie diventano lo strumento per ideare le nuove tecnologie del potere.

E qui si intravede un potenziale elemento di frizione nel sistema Obama, una fonte di una possibile disillusione.

Se infatti, dovessimo verificare che davvero Obama ha costruito il suo eccezionalismo attorno ad una nuova lettura del valore della rete come forma e come contenuto del programma politico, dovremo allora chiederci se la logica del social network ,che nello scambio attenzione-partecipazione si è dimostrata formidabile nella fase di costruzione del consenso e di sostegno ad una leadership che si identifica con il popolo della rete, possa funzionare anche quando si tratta di condividere decisioni strategiche, di interferire sullo studio ovale.

Insomma se mybarackobama.com è stato lo strumento di una strepitosa cavalcata elettorale il sito www.change.gov, allestito da Obama a sole 24 ore dalla sua elezione, per raccogliere i suggerimenti e le discussioni sulle azioni di governo, possa realmente essere un luogo di co decisione, di co gestione del centro di potere più importante del pianeta.

Saremo così giunto al cuore del problema: esiste un nuovo modello di organizzazione del potere? La rete è solo lo strumento di una verticalizzazione del consenso, che estende le potenzialità di un plebiscitarismo senza confini, o può diventare invece una protesi intelligente dell'opinione pubblica, capace di ridisegnare anche le vie di afflusso delle informazioni abilitanti e determinanti per le decisioni?

Insomma qual'è il limite dello scambio attenzione/partecipazione nella società del real time?

Questo vorremmo monitorare, a partire però dalla decifrazione concreta del fenomeno Obama, e dalla analisi di situazioni e circostanze materiali verificabili.

La militanza modello Twitter

Così come vorremmo comprendere ed analizzare il modo con cui sono state usate, nella fase della mobilitazione elettorale, diciamo dunque negli ultimi 12 mesi, le piattaforme mobili.

Obama infatti è stato anche il leader di Twitter e dell'IPhone, come strumento per aggregare, mobilitare e guidare le sue smart mobs di sostenitori.

La capillarità del suo sciame di sostenitori si è avvalso, come nessuno fino ad ora, delle nuove forme di connettività permanente, creando continuamente geometrie comunicative che risucchiavano nei punti caldi della mobilitazione una grande quantità di sostenitori.

Siamo al partito SMS, al microblogging come forma di attivazione delle risorse umane.

Cercheremo di ricostruire questo processo e di capire che livello di coinvolgimento e condivisione è stato dato in pegno.

Come conquistare una dedizione elettronica così estesa?

Siamo al semplice riproporsi delle militanze volontaristiche del secolo scorso o, invece, la velocità e la continua connessione con il centro politico, rende ogni singolo sostenitore un socio più che un supporters del candidato? E ancora: che tipo di struttura è stata allestita per gestire una ramificazione così capillare di rapporti individuali?

Quanta professionalità, quanto apparato, quanti insiders della politica?

Ci proponiamo di fare questo lavoro nel corso dei prossimi tre mesi, in piena trasparenza, rendendo immediatamente accessibili i nostri dati e le nostre elaborazione tramite i siti mediasenzamediatori.org e agoravox, anche in collaborazione col sito francese.

Attendiamo ora il primo eco, per capire se siamo su una strada giusta. Facendo come ha fatto il nostro candidato: ascoltando e interagendo.

Buon lavoro a voi ed a noi.

Obama.net contributo

La rete ha messo radici: Obama e il tempo dei fili d'erba

di GianLuca Baccanico

Vorrei lanciare qualche spunto di riflessione sull'elezione di Barack Obama, sperando possa essere d'aiuto al bel lavoro che il gruppo sta organizzando.

Sono d'accordo con Michele Mezza e Rocco Pellegrini che ci troviamo di fronte al primo vero movimento politico reticolare, forse addirittura al primo caso di e-government della storia, ma per quello è ancora presto per giudicare.

Visto che è più facile capire le cose quando ci sono punti di vista contrastanti mi vorrei soffermare su un punto che non condivido nella analisi lanciata da Michele.

Obama non è un leader globale, non ancora e per i prossimi anni almeno sarà così. Anzi per essere ancora più specifici Obama è un leader iperlocale, radicalmente locale direi.

Un po' di storia per iniziare.

Come è nato lo stile politico Obama? Qual'è stato il motore della sua campagna elettorale? E' un aspetto che in Europa non esiste neppure quindi lo si deve comprendere a partire da zero e non si può provare a replicarlo altrove, ma non è per questo che considero Obama un leader iperlocale.

1992: Project Vote! Dopo anni di declino della partecipazione al voto, specialmente nella comunità di colore, nel 1992 viene lanciato, con capitali privati, il Project Vote, una massiccia campagna di iscrizione alle liste elettorali e di incitamento al voto. A gestire il progetto viene chiamato un uomo di 31 anni apena uscito da Harvard, è ovviamenteo Barack Obama.

Il progetto è di tale successo da ridisegnare la compagine politica dell'Illinois, per la prima volta nella storia la minoranza di colore raggiunge la maggioranza di partecipazione al voto in molti distretti.

Obama viene osannato si parla di un suo possibile ingresso in politica, come riporta un giornalista di Chicago in questo articolo del 1993 "The sky is the limit for Obama".

) La strategia vincente di quel progetto? Delegare.

Nel giro di pochi mesi 700 coordinatori vengono reclutati, formati e messi all'opera, ciascuno totalmente responsabile della propria area.

Il grafico che se ne ricava è, come per la rete, un frattale.

La passione del lavoro sul territorio.

Per capire da dove venga la convinzione che Obama ha messo nelle singole comunità locali bisogna conoscere i suoi punti di riferimento culturali.

La madre di ObamaPrima di tutto la madre. Un antropologa terzomondista come si diceva decenni fa, che ha passato gran parte della sua vita in varie zone dell'asia coltivando progetti di microcredito e di supporto tecnico a villaggi e imprenditrici locali.

Da qui il credo nelle singole storie, nella differenza che può fare il locale sul globale.

Questo articolo del NYT ne è forse il miglior ritratto.

Per la prima volta da decenni un Presidente Democratico ha vinto anche il voto popolare, 52,9% dei voti.

Un lavoro di coinvolgimento alla vita politica mai visto prima negli Stati Uniti.

Come ci è riuscito? Con la rete, certo, ma delegando ad ogni singolo sostenitore il lavoro sul campo.

Pagine wiki per la stesura di tabelle di lavoro, banche dati divise per codice postale, e migliaia di responsabili sparsi su tutto il territorio.

La cosiddetta "fifty states strategy", iniziata da Howard Dean non appena insediato a presidente del partito Democratico è stata portata da Obama ad un livello successivo. Al reclutemento in ognuno dei 50 stati di responsabili per la chiamata al voto, registrare nuovi elettori (si negli UsA se non ci si iscrive alle liste almeno una volta non si può andare a votare), convincere i vicini della bontà del proprio candidato.

Questa è stata la principale attività di mybarackobama.com Questa strategia ha due aspetti fondamentali.

Delega il messaggio ad un medium locale e conoscito, il proprio vicino di casa. Rompe la soglia di apatia verso giochi di potere lontani e indecifrabili e attenua la diffidenza verso lo 'sconosciuto' politico di turno.

Ma costringe al contempo l'avversario politico a difendere la propria base elettorale ovunque, anche in stati considerati 'sicuri'. E' la mentalità della massa a venire sgretolata, il blocco di opinione di fronte al quale uno spot televisivo può davvero poco.

Se è il tuo vicino a presentarti un progetto, puoi esserne convinto o no, ma lo starai ad ascolare più facilmente e ti sembrerà meno strano cambiare idea perché la vedrai subito condivisa sul tuo territorio.

stimolando le radici del consenso e irrigandole attraverso i mille rivoli della rete telematica Obama ha creato un immenso 'grass root movement' che ha finito per eleggerlo Presidente degli Stati Uniti.

E' all'altezza dell'erba che lo stile politico di Obama si è assestato ed è a quel livello che ha promesso di restare.

E' di oggi la richiesta agli americani di 'idee per una riforma sanitaria', sembra quindi intenzionato a stimolare il dibattito e proseguire questo esperimento di decentramento delle energie.

Partendo da tutto questo, e aggiungendo la considerazione che il lavoro sul campo richiede dei tempi di maturazione maggiori rispetto ad una campagna di massa, direi che al momento Obama è il leader degli Stati Uniti e basta. Lo è in maniera nuova e con un approccio esponenziale che lo porterà sicuramente a travalicare i confini di quel paese, non solo con il carisma ma con mobilitazioni concrete dell'opinione pubblica.

Ma direi che per la carica di leader del mondo Barack Obama non ha iniziato neppure le primarie.

Oltre al fatto che la crisi economica, sanitaria e anche morale degli Stati Uniti rappresentano una ovvia priorità per il presidente neo eletto, va notato come l'organizzazione politica di Obama si sia appena adesso attivata negli Stati Uniti, una attivazione dal basso, lenta e puntiforme come le radici dei fili d'erba.

E' questo stesso approccio che credo vedremo attuare nei vari punti del mondo, accordi con i moderati, iniziative locali di aiuto nei paesi implosi sotto le dittature, una lenta ramificazione lungo la classe media mondiale.

A quel punto saremo pronti ad avere un leader mondiale.

Magari già dal secondo mandato del telentuoso leader iper locale.

Nel frattempo, come era scritto anni fa attorno ad un prato in rifacimento nel cuore di central park, "Prendiamoci il tempo di osservare l'erba che cresce"

Obama.net contributo

Obama è un'altra storia di crescita in rete

di Peter Kruger

Il tema della ricerca è ovviamente estremamente interessante.

Nel merito, è mia fortissima convinzione che per capire il fenomeno Obama, sia importante capire le storie di crescita esponenziale della rete (Amazon, ebay, Google, Ipod, Adsense, Iphone, Myspace, facebook ecc.), ossia di quali siano le caratteristiche di prodotto/mercato che innescano l'emergenza di percorsi di crescita esponenziale di consenso/ acquisto a partire dal magma darwiniano/metcalfiano dei fenomeni emergenti di rete.

In questo senso l'attenzione andrebbe posta su una serie di fenomeni su cui è possibile anche derivare analisi quantitative: -dinamiche di crescita con distribuzione a potenza in rete (ossia, più che porre l'accento su Obama, analizzare il complesso dell'offerta politica statubitense in rete e la corrispondente distribuzione di consenso al variare nel tempo) -fenomeno di herding (la partecipazione diretta è il motore di crescita, ma comunque riguarda una porzione minoritaria dell'utenza.

L'adesione di massa è invece legata a processi di herding. Qui è importante studuare la distribuzione probabilistica dai livellli di più alta partecipazione a quelli di più alto herding, con analisi dei driver di aggregazione) - lock-in di Metcalfe, the winner takes all (esiste una soglia critica di partecipazione? Altra cosa che rappresenta un'originalità rispetto ad altri fenomeni di rete: cosa succede finita la campagna? finisce il lock-in? O forse il vero lock-in è altrove, ad esempio nei servizi di partecipazione, come twitter, facebook etc.) - identificazione con la rete (e, soprattutto, ruolo dell'antagonista). Ogni fenomeno di crescita in rete richiede identificazione e la definizione di un antagonista, possibilmente tradizionale da abbattere - eccellenza dell'offerta, ossia come Obama è emerso vincente dal processo darwiniano di transparency, accountability, verifiability.

Aggiungo che l'analisi del fenomeno Obama non può prescindere da un'analisi della storia della politica on line. Obama è solamente il vincitore di un percorso darwiniano partito anni addietro, come da voi giustamente indicato nel documento (così come Google è il vincitore di un altro processo darwiniano partito ben prima della nascita stessa dell'azienda di Mountainview). La vincita di Obama in questo percorso, olttreché alle qualità d'eccellenza dell'offerta proposta, va anche ricondotta alla maturità assunta dalla rete, al fatto cioé che la rete ha raggiunto un livello di sviluppo e diffusione tale in USA, da essere pronta per l'emergenza di una proposizione politica capace di imporre la propria agenda al paese.

Ovviamente tutti temi che richiederebbero un lavoro non banale di analisi.

Obama.net contributo

Il primo miglio a Chicago: la lezione della tartaruga di Obama.

di Michele Mezza

Mi sorprende constatare quanto tempo perda un gran numero di funzionari eletti -anche quelli in gamba- a parlare dei meccanismi della politica tralasciando la sostanza. Hanno quell'atteggiamento impassibile, da giocatori di poker, la preoccupazione costante di tenersi stretto il proprio seggio o di avanzare di carriera, e tutti i loro discorsi si riducono a questioni di affari o di giochi politici come in una specie di corsa di cavalli. Anche quelli che sono sulla mia stessa lunghezza d'onda sembrano non avere alcuna intenzione di andare oltre. La politica è considerata poco più di una questione di carriera.
Barack Obama: Dichiarazione rilasciata al Chicago Reader del dicembre 1995

Dalla lettura delle varie biografie di Barack Obama che si stanno pubblicando, emerge un dato su cui vorrei attirare la vostra attenzione, per la ricerca che stiamo conducendo su mediasenzamediatori.org e Agoravox.it: il suo noviziato politico a Chicago.

Chicago è sempre Chicago, ossia una delle città, tradizionalmente, più dure e corrotte dal punto di vista politico degli Usa. In quella città siamo a livelli di malversazioni nel governo della cosa pubblica in confronto delle quali Napoli e Palermo diventano l'agorà di Pericle.

Il quadro che emerge dalle ricostruzioni della carriera politica del neo presidente è davvero raggelante:lobbies e clan in lotta a colpi di dossiers e di mazzette, sindaci e governatori ripetutamente inquisiti e incarcerati (ripeto incarcerati , con buona pace di chi oggi teorizza il primato della politica sulla legalità), cordate e candidature costruite a colpi di finanziamenti in nero.Insomma una vera cloaca. L'ultima storia, quella che coinvolge il governatore Milorad Blagojevich, conferma la regola. L'accusa, come è noto, è di aver organizzato una vera asta per assegnare il seggio di senatore che Obama lasciava vacante, e che secondo la balzana procedura americana, tocca al governatore dello stato assegnare d'ufficio.ma l'anedottica è vasta: solo nella storia più recente troviamo il deputato della citta ,Daniel Rostenkowski, imprigionato nel 96,così come nel 2006 fu arrestato l'ex governatore Ryan.

Sull'Espresso in edicola in questi giorni, l'economista Luigi Zingales si pone una domanda che mi sembra interessante anche per il nostro lavoro: come ha fatto Obama a passare indenne? E, di conseguenze, si chiede retoricamente Zingales, perché noi non possiamo contare sull'emergere di figure come innovative, appunto Obama, quando purei contesti politici dove queste figure crescono non sono certo più disponibili e trasparenti dei nostri? Nel nostro piccolo, avviando il progetto Obama.net, ci siamo chiesti come Obama sia sopravvissuto non all'ultimo miglio della sua competizione elettorale ma al primo miglio, come sia riuscito insomma a sopravvivere alla selezione naturale che gli apparati politici impongono, per controllare il sistema.

Come il piccolo tartarughino sia riuscito ad arrivare al mare, superando le insidie dei predatori che si avventano di solito sui cuccioli indifesi? La domanda di questi tempi non mi sembra oziosa. Quando sta accadendo in varie regioni e città, a tutte le latitudini politiche, pone il tema di come rendere possibile una successione politica, l'avvento di una nuova leva di amministratori che tagli con decisione ogni elemento di continuità con il passato.E' interessante notare , nel caso di Obama, come solo nel 2002, cio è sei anni fa, in Illinois l'astro nascente fosse nel partito democratico proprio Blagojevich, mentre Obama era un outsider, di bell'aspetto e brillante eloquio, ma privo di ogni forza di impatto sul territorio. Anzi il futuro presidente quell'anno aveva appena perso la corsa per un seggio alla camera dei rappresentanti , battuto dal clan dell'ex sindaco Daley. Cosa è accaduto allora per far emergere l'erba buona rispetto alla gramigna? E cosa a permesso ad Obama di bruciare le tappe, scavalcando gli apparati e le lobbies per arrivare alla Bianca in soli sei anni, partendo da quasi zero? Sono le domande che dovrebbero porsi in molti oggi , per capire che chance di sucire dal pantano abbiamo come sistema politico italiano.

Obama in realtà intreccia metodi: da una parte applica quella che potremmo definire con un vecchio termine d'annata l'inchiesta maoistaIl. Studio il territorio, analizza, sociologicamente, la composizione della sua base sociale e calibra sul mosaico individuato un progetto e un sistema di valori. Si candida a rappresentare direttamente la sua gente. Dall'altra decide di scavalcare ogni intermediazione di apparati o di poteri, e di raggiungere direttamente il suo elettorato , convinto di avere cose e contenuti di forte presa da comunicare: siamo alla scelta della rete come mezzo e come contenuto. Il tutto in sei anni: con grande ambizione, sufficiente scaltrezza, non poco spregiudicatezza, ma soprattutto grande cultura del nuovo.del resto come spiega egli stesso, era l'unica scommessa che gli avrebbe consentito di vincere contro tutti i magior enti. I soldi sono il simbolo di tutto questo. Candidandosi al senato degli Usa, nel 2004,Obama dice ai suoi collaboratori: con 3 milioni di dollari ho il 40% di possibilità, con 5 il 50% ,con sette milioni l'80%, con dieci milioni vinco sicuro (Obama, storia dell'uomo che fa sognare l'america.Di David Mendell, Cairo editore, pag 170).Il punto non era solo l'abbondanza di denaro, ma disporre di un legame sociale in grado di produrre contributi estesi e ramificati. Senza dover dipendere dall'apparato, o dai grandi magnati.nasce così l'idea della rete come comitato elettorale, anzi come partito. La rete per parlare con la gente, per attivare la gente, ma anche per ascoltare gli individui e raccoglierne indicazioni e bisogni.siamo fuori dalla politica tradizionale. Siamo in una altra Chicago. Blagojevich rimane invece nella solita Chicago, dove lo scontro fra Boss , spinge ognuno ad accumulare soldi e appoggi, anche a costo di vendere trasparenza e poteri. Siamo così lontani da Napoli, Firenze, Roma o Milano? Davvero da noi è impossibile? Davvero da noi solo Blagojevich potrebbe affermarsi?Al momento è così. Un punto di convergenza in realtà c'è, e sono le primarie. E' certo che senza un sistema di designazione popolare l'astro di Obama difficilmente avrebbe brillato di luce propria.

E' anche vero l'inverso, però. Ossia che le primarie senza una nuova filosofia politica che vede il legame fra leadership e sostenitori basato su un rapporto diretto, e motivato da una rappresentanza di interessi espliciti e trasparenti, rimettono in gioco i vecchi comitati elettorali.

Bisogna lavorare sui due terreni, contemporaneamente. Bisogna capire, scientificamente, quanto e come una rottura dei meccanismi tradizionali, basati sui legami clientelari, o anche sull'inerzia d'apparato, possa produrre anche nel nostro paese una discontinuità positiva. Quanto può contare oggi in italia, o anche solo in alcune regioni o città, il metodo Obama. Cio è una rigorosa analisi sociologica, termine di cui la politica italiana nutre una ingiustificata diffidenza,sul territorio, per selezionare aree sociali coerenti con un progetto programmatico; e poi l'adozione di un sistema di semina sociale basato innanzitutto sui driver sociali, sulle figure che possono, ripeto possono in presenza di una proposta politica complessiva, coagulare interessi comunitari da parte dei settori portanti del territorio.figure che oggi si identificano con la rete, o comunque con un'apporccio diciamo peer to peer, dove il protagonismo individuale si intreccia con un utile collaborazione con il network.

Per dialogare con questo mondo, che nel nostro paese arriva a contare per circa il 23% della popolazione(dati censis) ma rappresenta il 60% degli opinion leaders, e il 65% dei ceti metropolitani, bisogna ottenerne attenzione ed offrire partecipazione. Lo scambio non è eludibile. Per fare questo bisogna entrare nel tam tam della rete: i blogs, i forum, le comunità virtuali, devono essere usate non strumentalmente , come megafoni del proprio messaggio, ma come luoghi di confronto, mettendo in campo pazienza e grande capacità di inserimento. Ci vuole tempo, senza fretta , senza la frenesia di cercare scorciatoie per la prossima elezione. E ci voglio contenuti, cose da dire, e disponibilità a cambiare idea.E anche ruolo, nel caso.

Non è forse questo il linguaggio del nord? E non è questa una soluzione che garantisce dalle infiltrazioni di interessi eccentrici se non opachi? Noi proviamo a dare concretezza a questa idea della politica, a cominciare dalla verifica del metodo Obama. Stiamo infatti lavorando per ricostruire, dettagliatamente i passaggi che qui accennavo.Almeno per togliere ogni alibi a chi reagisce ad ogni incombente innovazione rifugiandosi nella quotidiana "concretezza".

Obama.net contributo

La vita di Obama diventa politica

di Paola Sedda.

Analizzando il discorso che Obama fece alla convention democratica nell'estate del 2004 abbiamo potuto riscontrare che la vita personale di Obama diventa politica in quanto tocca i punti nevralgici di un dibattito ancora insoluto negli Stati Uniti. Obama costituisce il trait-d'union delle due Americhe: quella di Harward e quella dei quartieri più degradati di Chicago. Oggi, alla luce dei risultati elettorali, possiamo affermare che Obama riconcilia l'America con se stessa, attenuando la spaccatura tra la parte conservatrice del paese, fomentata dall'apparato narrativo dicotomico di Bush e quella progressista, delusa ed ormai estranea al gioco della democrazia.

Egli incarna la frammentazione ed il cambiamento. I suoi discorsi oltrepassano le barriere della percezione e raggiungono direttamente la sfera emozionale.

Questa narratologia è già destinata ad arricchire il repertorio suggestivo di miti e di rappresentazioni che nel tempo sono state tramandate dagli Stati Uniti.

Tale strategia narrativa è perfettamente in linea con la tradizione politica americana che trova nella figura di Ronald Reagan il suo più degno rappresentante.

Tornando un po' più indietro nel tempo, ci si rende che gli addetti ai lavori iniziarono a codificare le strategie dello storytelling in seguito all'esperienza del caso Watergate. Questo evento indica uno spartiacque importante poiché da questo momento in poi il controllo, o meglio la prevenzione dei rischi derivanti dai messaggi diffusi dalla stampa e dai media in generale, divenne un requisito fondamentale per l'esercizio del potere in America.

A tale proposito Nixon creò il Withe House Office of Communication che aveva il compito di gestire l'agenda della presidenza.

Sotto Reagan l'appello al consenso dell'opinione pubblica ed il concetto di maggioranza silenziosa fecero ufficialmente ingresso alla Casa Bianca. Ogni giorno veniva elaborata la linea editoriale (the line of the day) diffusa dall'esecutivo e dalla stampa accreditata dalla casa Bianca. Questa tattica avrebbe dovuto orientare il discorso dei media e prevenire le contestazioni ed i messaggi scomodi. Il gioco consisteva nel preservarsi sempre l'iniziativa, muovere sempre il primo passo, scansare le critiche elaborando una strategia di comunicazione efficace in funzione dell'agenda legislativa.

Ma tra Reagan e Clinton - ed il fenomeno si accentuerà ancora di più in seguito all'11 settembre – si registra un cambiamento non trascurabile. Infatti, non si trattava più di creare una contro-realtà che potesse in qualche modo orientare l'opinione pubblica ma di tessere un universo narrativo dove interagiscono eroi ed anti-eroi e dove il cittadino è chiamato a partecipare. Come direbbe Cristian Salmon, le campagne elettorali diventano un lungo duello tra storie.

Questa tecnica deve essere interpretata all'interno del processo più ampio di spettacolarizzazione della politica secondo il quale l'arena elettorale, non più luogo di confronto tra ideologie o programmi politici differenti, si trasforma in uno spazio dedicato a racconti evocativi e personaggi che contribuiscono ad alimentare la messa in scena della politica più che il suo esercizio. Sono i nuovi strumenti del consenso e della disinformazione: lo slogan "Lavorare di più per guadagnare di più" di Nicolas Sarkozy o "Elimineró l'ICI" di Berluconi" rappresentano un esempio calzante di questa nuova strategia.

Ma cosa distingue il team di Obama dagli spin doctors della tradizione politica americana precedente? Il primo elemento di rottura va indubbiamente ricercato nella filosofia del suo sito myobama.com.

Questa piattaforma prende le mosse dall'esperimento del team di Howard Dean democracyforamerica che probabilmente passerà alla storia come "il candidato inventato da Internet".

Anche se la sua strategia non ha dato i risultati sperati, il supporto degli utenti della rete e l'efficace sistema delle donazioni on line inaugurano senza dubbio una svolta negli apparati di gestione delle campagne elettorali americane.

L'accento sul fundrising indicato in rosso in entrambi i siti e disposto nell'angolo destro della home page è molto simile. Tuttavia, è interessante attuare un confronto ancora più dettagliato dei due siti e delle rispettive potenzialità.

Dal menu principale quello che balza subito agli occhi dal sito di Obama è la presenza della rubrica Media (alla quale dovrebbe corrispondere lo spazio Press Room del sito di Dean) che contiene tutti i i tipi di di file (video, musica, foto) con una sezione speciale dedicata ai download. Ciò che senza dubbio manca nella home di Dean è la voce mobile che consente agli iscritti di ricevere gli aggiornamenti sul proprio telefono cellulare. La compresenza di tutti i tipi di messaggio multimediale e di tutti i tipi di piattaforma è uno degli elementi più sorprendenti della campagna di Obama. La convergenza mediale è stata forse il vero cavallo di battaglia del team del candidato. Obama è ovunque. Il numero di siti e di social network linkati al sito di Obama è pari a 16 contro soli 6 del sito di Dean.

Inoltre, un altro dato che potrebbe rivelarsi interessante per la ricerca è l'assenza del link a Twitter dal sito di Dean.

Considerata l'importanza che il sistema rivoluzionario di micro-blogging ha avuto nella fase di mobilitazione dei volontari e nell'organizzazione della campagna di Obama, questa constatazione potrebbe portarci a pensare che Twitter sia non solo uno strumento estremamente duttile e adattabile ma anche un sistema ideale per rispondere alle esigenze legate ad una nuova forma di azione politica.

Al di là dell'evidente carisma di Obama e dell'effettivo trasporto emozionale derivato dal suo vissuto, si può supporre che il social networking, ma soprattutto l'utilizzo di Twitter, sia stato decisivo per la crescita di popolarità del candidato e per l'eccezionale affluenza alle urne.

La genialità della piattaforma creata da Hughes consiste appunto nell'aver favorito la convergenza di tutti gli strumenti collegati alle rete, dal blog alla cummunity, dai social network al microblogging, dal PC al telefono cellulare.

Se si analizzano le modalità con le quali i soggetti più attivi sono stati seguiti e dotati di sistemi all'avanguardia per raggiungere milioni di altri cittadini, potremmo supporre che il sostegno a Barack Obama in rete si sia svolto esattamente con le stesse modalità con le quali oggi gran parte della popolazione americana svolge le proprie attività culturali, ludiche o comunicative in rete.

Il sito non si limita a contenere informazioni ed approfondimenti cross-mediali sugli eventi e sui temi della campagna ma si configura come uno strumento personalizzato per gestire una miriade di campagne elettorali dislocate nel territorio degli Stati Uniti.

Tramite questa piattaforma, Obama, come in precedenza aveva fatto Dean, decide di demandare la gestione della campagna ai cittadini più ricettivi e più coinvolti. Egli non si limita ad affidarsi ad un manipolo di esperti della comunicazione politica ma decide di affidarsi a chiunque sia interessato a contribuire nel suo piccolo alla campagna.

Obama trova, attraverso la rete, una moltitudine di accaniti spin doctors in grado di mobilitare il proprio network di conoscenze al fine di far passare un messaggio diretto, personalizzato e legato ad uno specifico contesto territoriale e culturale.

Nessun tipo di mediazione viene adottata in questo processo.

Iscrivendosi al sito, l'utente ha la possibilità di creare la propria personale campagna elettorale per Barack Obama.

Egli puo decidere di utilizzare il suo blog, il cui link viene inserito nel suo profilo, i suoi social network preferiti o partecipare direttamente al dibattito ospitato sul sito myobama.com.

L'utente può, ad esempio, collegare il suo Obama.com con il proprio account di Facebook. Tutte le attività registrate sul sito di Obama verranno visualizzate automaticamente sulla bacheca di Facebook e notificate a tutti i contatti; allo stesso modo, gli aggiornamenti di Obama su Twitter verranno ricevuti direttamente sul telefono cellulare o sull'Iphone dei suoi followers.

Mai nessuno aveva messo a disposizione uno strumento così moderno e perfettamente compatibile con la dieta degli internauti per gestire una campagna elettorale.

"This is your campaign", il primo messaggio pubblicato sul sito dal team del candidato ci rivela fin dal principio la strategia di base.

Il concetto è molto semplice e immediato: si tratta semplicemente di incoraggiare una forma di porta a porta elettronico che benefici del dell'aspetto virale della rete.

Se dovessimo applicare le analisi che Katz & Lazarsfeld condussero negli anni 40', potremmo ipotizzare che il risultato elettorale sia legato all'azione degli "opinion leaders", soggetti impegnati ed intraprendenti ma anche i più avvezzi all'uso delle nuove tecnologie della comunicazione.

Le logiche della propaganda politica tradizionale e del sistema dei grandi investitori si sgretolano in seguito al lancio di un sito web che dota il sostenitore del candidato degli strumenti per gestire la propria azione politica quasi a costo zero e con il massimo dei benefici.

Il team di Obama si è reso conto che i racconti oggi trovano un seguito solo se possono essere condivisi, solo se i soggetti possono partecipare alla loro creazione e solo se questi, sono capaci di far proliferare migliaia di storie ad essi correlate che rispecchino la frammentazione e che appaghino il narcisismo della nostra epoca.

Questo nuovo team di professionisti non proviene soltanto da una tradizione di tessitori di storie ed universi della marca, si tratta dei nuovi techno-guru della comunicazione politica.

La rete sta rivoluzionando lo scenario mediatico e, di conseguenza, sta gradualmente influenzando i paradigmi del processo democratico, desacralizzando il concetto di propaganda e permettendo agli utenti di occupare uno spazio prima riservato agli esperti della comunicazione.

Il fenomeno della moltiplicazione dei canali e delle piattaforme dei media, l'abbattimento della settorializzazione e l'avvento di un'epoca della convergenza pone l'industria mediatica, le aziende e l'esecutivo di fronte ad un dato di fatto: oggi per esistere è necessario passare dal sistema off line al sistema on line o, ancora meglio, coesistere nei due emisferi.

Inoltre, i fenomeni legati all'accesso personalizzato alla cultura ed all'informazione, alla proliferazione di comunità, gruppi di pressione, bloggers, cittadini redattori, amatori che possono acquisire visibilità a bassissimi costi, stanno radicalmente modificando l'essenza stessa del medium e rendendo ormai desueti i vecchi concetti di pubblico, audience, consumatore ed elettore.

Questi cambiamenti sono il frutto di un processo storico complesso iniziato nel secolo scorso.

Infatti, la caduta del muro di Berlino, la nascita del capitalismo finanziario, favorito dalle rivoluzioni conservatrici di M. Tatcher e di R. Reagan, la globalizzazione dei mercati, l'ingresso dei produttori asiatici e, negli anni 90', l'esplosione delle nuove tecnologie hanno profondalente mutato il sistema economico.

Queste idee oggi non appaiono affatto sorprendenti.

Già nel 77' Don DeLillo affermava che le società capitaliste tendono a trasformare tutte le emozioni in merci.

Il sistema industriale fordista caratterizzato da una certa unità spazio-temporale tra il lavoro in fabbrica, il tempo libero e quello dedicato al consumo aveva già iniziato a corrodersi all'inizio degli anni 80'.

Si assisteva già in quel periodo agli albori di un sistema capitalistico fluido, flessibile, interconnesso globalmente, fondato sui beni immateriali, culturali e sentimentali più che sulla produzione di merci. Queste aziende mutanti rispondono alle esigenze di un nuovo capitalismo che l'economista americano Jeremy Rifkin ha definito "culturale" e che è caratterizzato dalla velocità delle capacità di crescita, dalla centralità delle nuove tecnologie e dell'aspetto informazionale (knowledge management).

Secondo Richard Bennet il nuovo sistema capitalistico è molto più "neutro" e meno garante della stabilità sociale e psicologica rispetto al capitalismo analizzato da Max Weber un secolo fa. La distruzione delle coordinate spazio-temporali del lavoro porta ad uno sconvogimento anche maggiore di quello vissuto durante la rivoluzione industriale.

Don DeLillo definisce l'azienda postindustriale come una struttura flessibile, dotata di un'organizzazione reticolare, orientata alla soddisfazione dei bisogni immateriali e culturali. Essa si presenta come un'organizzazione magra (lean production) e mutante, capace di adattarsi facilmente alle difficoltà derivanti dalla concorrenza di mercato su scala mondiale.

Gli ambiti delle competenze e le modalità di approccio al mondo del lavoro gradualmente si differenziano e si moltipicano complicando il sistema della stratificazione sociale ed erodendo mano a mano i marcatori di classe.

Siamo ancora nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa ma si iniziano a riscontrare dei fenomeni che spingono al particolarismo e all'individualizzazione.

L'esplosione delle radio libere ed il passaggio, come sostiene Michele Mezza, dalla TV di massa ad una massa di TV costituiscono due esempi significativi.

Negli anni '30 Franklin Delano Roosevelt fu il primo presidente a stabilire una comunicazione via etere coi cittadini attraverso i suoi messaggi radiofonici settimanali. Si trattava di un passaggio importante che consentì di abbattere le distanze e raggiungere con la voce la sfera privata dell'elettorato.

Tuttavia, Roosvelt parlava ancora ad una massa compatta ed abbastanza omogenea di cittabini.

Negli anni '60 la rivoluzione della tv fu interpretata abilmente da John Kennedy che trovo' nel media ipnotico la chiave per catturare l'attenzione dell'opinione pubblica.

Si entrava poco a poco nell'epoca della visibilità, o si capirà meglio in seguito, del voyeurismo generalizzato. Tuttavia, sia Roosvelt che Kennedy erano ancora immersi in un paradigma legato alle logiche della comunicazione di massa.

Barack Obama, non solo trasferisce su YouTube la formula delle conversazioni radiofoniche dei presidenti, ma è ben deciso a portare alla Casa Bianca i nuovi strumenti comunicativi sperimentati nella campagna elettorale.

Obama debutta come primo «techpresident» della storia americana.

Anche Bill Clinton inaugurò nel '94 il primo sito della Casa Bianca e obbligò tutte le sue amministrazioni ad andare online. Ma erano esperienze ancora rudimentali. Anche Bush all'inizio della sua presidenza promise che il suo sito avrebbe trasformato la Casa Bianca in una casa di vetro. Ma con appena sei addetti, la sua struttura tecnologica non è mai realmente decollata.

Obama, invece, si è dotato di un software davvero partecipativo: un mix di musica, immagini, messaggi personalizzati, riflessioni serali che ti raggiungono anche sul telefonino, che cercano di dare all'interlocutore la sensazione di essere « on board ».

Dietro c'è un progetto di comunicazione immediato, ma anche una scommessa di lungo periodo: con la diffusione dei social network i giovani ed i trentenni saranno gli intellettuali della netgeneration e forse anche gli attori di un nuovo modello democratico.

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(ASCA) - Roma, 11 set - A otto anno dagli attentati dell'11 settembre ''l'America rinasce ee le parole del Presidente sono di speranza per tutti''.


Editoria: bobbio e kennedy, autori della collana 'gli essenziali ...

di una retorica dell'America civile che ha trovato in Kennedy forse il suo piu' abile rappresentante (e che solo ha mostrato di saper emulare).


Estremo occidente di federico rampini — economia americana, è ...

Lunedì farà un importante discorso sull'economia, a un anno dal crac di Lehman, a sottolineare la chiusura di un capitolo: quello dell'emergenza.


11 settembre, al qaeda contro gli usa: il world trade center e il ...

E' la prima commemorazione senza George W. Bush, scrive 31canzoni, nei giorni in cui pone le basi reali per la rivoluzione della sanità made in Usa.


11 settembre: tra memoria e polemiche parte l'ottavo anniversario

L'era ha oggi a che fare con l'anniversario per eccellenza: l'11 Settembre di otto anni fa, due aerei dirottati si schiantarono contro le Torri


Welfare > 11 settembre. sereni: america rinasce, da obama parole ...

"È indicativo che a otto anni dagli attentati dell' 11 Settembre che sembravano aver piegato la più grande potenza mondiale, l'America, con ,


Cucinelli: il re del cachemire, fuori dalla crisi, nuovo monomarca ...

Ispiratore della rinascita per Cucinelli e' Barak , i cui discorsi per la presidenza riuniti nel volume ''La promessa americana'' ha distribuito ai


Apertura | di matteo bosco bortolaso - new york

la stella di Ted Kennedy che in una lettera preparata sul letto di morte lancia la profezia: il 2009 sarà l'anno della svolta grazie a Barack .


Associazioni di cittadini americani: vogliamo sapere la verità ...

A George Bush, che ordinò la rappresaglia contro l'Afghanistan e due anni dopo l'invasione dell'Iraq, è subentrato lo scorso gennaio Barack .


Racconta il tuo 11 settembre

A ricordare le 3mila vittime degli schianti c'è oggi per la prima volta , il presidente del cambiamento. Ground Zero è ancora vuota, nonostante i


Crisi/ cucinelli: la ripresa passa per i valori

In tale contesto la Storia ha chiamato a guida dell'America Barak . Il suo destino e la sua viva testimonianza hanno suscitato in me una forte emozione


Quel "diritto americano" negato dall'america

Per due volte, con Clinton e con , gli Stati Uniti hanno eletto presidenti che promettevano una riforma dell'assistenza sanitaria, segno che gli


Usa, obama si gioca tutto sulla sanità e vince

Con il discorso di ieri Barack si è giocato il tutto per tutto e per il momento l'azzardo sembra pagare. I sondaggi davano ormai costantemente in calo


Usa: un minuto di silenzio alla casa bianca per le vittime di ...

Il presidente Barak , che non sarà presente di persona alle celebrazioni newyorkesi per ricordare le vittime dell'11 settembre, osserverà alle 8.46 di


World satellite business week : per il secondo anno consecutivo va ...

Insomma la tecnologia ha tenuto e adesso può dare una mano a uscire dalla crisi, come hanno auspicato alcuni capi di Stato tra cui Barack ".


New york e l'america rendono omaggio alle vittime dell'11 settembre

Con "servizio" il presidente ha voluto intendere l'opera di volontariato verso gli altri, per cui tutti gli stati hanno programmato delle attività


Modern family: edward northon guest star a novembre

Edward Northon ha impressionato i critici a Luglio quando ha presentato il suo documentario targato HBO, By The People: The Election of Barack ,


I bot finiscono sotto zero

Proprio mentre cerca di civilizzare la sanità degli americani. ps: Si tratta poi ora di vedere quali saranno gli effetti del crollo dei Bot sui


The obameter: tracking obama's campaign promises ovvero la forza ...

PolitiFact has compiled about 500 promises that Barack made during the campaign and is tracking their progress on our Obameter.


La riscoperta dell'america

«La campagna elettorale e la vittoria di Barack hanno effettivamente rappresentato una svolta, cioè la fine di un percorso che ha segnato gli ultimi


11 settembre: un minuto di silenzio alla casa bianca

Per l'ottavo anniversario della strage, il presidente parteciperà alla cerimonia prevista al Pentagono, a Ground Zero invece attesi il vicepresidente


L'america ricorda l'attacco alle torri gemelle

oggi terrà un discorso al Pentagono e incontrerà i familiari delle persone che persero la vita negli attentati. A New York, con una cerimonia a Ground


La nuova sanità di obama

La riforma di , che prevede una spesa complessiva di 900 miliardi di dollari in 10 anni garantirebbe invece un'assicurazione adeguata per tutti.


L'11 settembre stile obama

L'ottavo anniversario delle Torri Gemelle, il primo da quando è alla Casa Bianca, cambia volto e diventa ufficialmente "La giornata nazionale del


Pdl: alfano, per berlusconi partito non e' luogo trattative e ...

camarilla ma il luogo dove i militanti esprimono le proprie posizioni, sentite parlare di per le liti interne o per la riforma della sanita'?".


Il contesto

Proprio quella degli Stati Uniti del “buon” Barack . Che quest'anno – causa crisi e mancanza di fondi – di insegnanti, nelle scuole pubbliche,


11 settembre, ferita aperta. l'america commemora l'attacco alle torri

Piu' tardi incontrera' alcuni familiari delle 184 vittime dell'attentato avvenuto contro il Pentagono. Un'altra cerimonia si terra' a Shanksville,


Cucinelli group: apre nuovo monomarca a roma, fatturato in crescita

degli Stati Uniti, Barak , e dall'altro Marco Aurelio, l'imperatore romano che fu responsabile dei destini di tutto il mondo allora conosciuto.


Usa e cina, alla conquista della green economy

responsabili assieme del 40% delle emissioni mondiali (che dovrebbe essere siglato a novembre con la visita di in Cina), infatti,


Otto anni dopo domande ancora vive

Anche negli Stati Uniti di i conflitti che ormai hanno mietuto più vite americane delle stesse stragi del 2001 stanno perdendo il consenso popolare


L'america 8 dopo l'11 settembre

Oggi sarà il vicepresidente americano Joe Biden a presiedere la cerimonia di commemorazione a Ground zero, mentre il capo della Casa Bianca Barack


Il deputato che urlò

arriva chiaro e forte dai banchi repubblicani, Barack interrompe per pochi secondi il discorso sulla riforma della sanità, i democratici reagiscono


Il consenso viaggia on line

negli Usa ei Pirati della Svezia ne sono un esempio, ma anche i giovani iraniani che sfruttavano ogni possibilità offerta dalla tecnologia.


Olimpiadi 2016: improbabile che obama vada a copenaghen

E' improbabile che il presidente degli Stati Uniti Barack vada il prossimo 2 ottobre a Copenaghen, per sostenere personalmente la candidatura di


Apprezzamento dei vescovi usa per l'impegno di obama su aborto e ...

“Nessuno deve andare in rovina perché si è ammalato”, ha detto spiegando al Congresso degli Stati Uniti la sua idea di riforma sanitaria.


Usa: commemorazioni e attività per l'8° anniversario dell' "11 ...

Il presidente americano e il Segretario alla Difesa Robert Gates parteciperanno ad un'attività commemorativa al Pentagono, incontrando i parenti delle


11 settembre/ su youtube video inedito dell'attenato alle torri ...

11 settembre – A otto anni dall'11 settembre 2001 il mondo non riesce e non deve dimenticare. Dopo le 9 del mattino dell'11 settembre 2001 l'America si è


Rio de janeiro, sempre più vicini i giochi olimpici. gli ...

Rio de Janeiro, 11 set. - (Adnkronos) - Il Comitato Organizzatore per i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro 2016 festeggia per la relazione stilata dal Cio